giovedì 21 aprile 2016

La morte di Wolverine. L'evoluzione del personaggio Marvel che ha cambiato il mondo dei supereroi (6)

La quinta parte è qui.

La splendida copertina di X-Men n°111, di Dave Cockrum e Terry Austin

Finalmente Uncanny!
Con il numero 111 iniziò una delle sequenze più avvincenti di storie della collana X-Men mai realizzate e che andò avanti per oltre un anno.[1] Byrne e Claremont portarono la serie ai suoi massimi livelli e finalmente i nuovi mutanti del professor Xavier iniziarono a ottenere il successo che meritavano. Dal numero 112 la rivista diventò mensile e dal numero 114 il logo della copertina iniziò ad essere preceduto dall'espressione The Uncanny al posto di All-New All-Different.[2] Gli X-Men non erano più nuovi, anche se rimanevano diversi per tanti motivi. Ormai erano entrati di diritto tra i personaggi più importanti della Marvel. Ma erano ancora il gruppo più strano, più avventuroso e quindi  sconcertante.

Il nuovo logo (da X-Men n°114, ottobre 1978)
Una lunga sequenza di racconti che portò gli X-Men in giro per il mondo contro nuovi e vecchi nemici, che fece incontrare loro vecchi e nuovi amici, ma soprattutto diede modo agli autori di far crescere in statura i personaggi come singoli e come gruppo. Fu in queste storie che i nuovi Tempesta, Colosso, Nightcrawler, ma anche i vecchi Ciclope e Fenice, ma soprattutto Wolverine, acquistarono la personalità e le caratteristiche che li resero tra i migliori personaggi Marvel. La tournée iniziò con il loro rapimento da parte di Mesmero, proseguì con  un nuovo confronto contro Magneto, con la loro apparente morte e con una bellissima avventura nella Terra Selvaggia insieme a Ka-Zar, il tarzanide di casa Marvel. Quindi la prima di tante avventure in Giappone con il redivivo Sole Ardente e una deviazione in Canada contro il supergruppo governativo degli Alpha Flight. Infine l'incontro con il fantasioso killer Arcade con gli X-Men ormai pronti  per gli eventi drammatici della saga di Proteus e della successiva celebre saga di Fenice Nera.

Nel numero 111 tornò John Byrne dopo la breve pausa nel numero precedente e con Claremont sfornò una storia bellissima, divertente e appassionate.[1] Gli X-Men vengono rapiti da Mesmero, un mutante capace di ipnotizzare le persone, che li trasforma in fenomeni da baraccone, le principali attrazioni di un pittoresco e strambo circo. Colosso il forzuto uomo d'acciao, Nightcrawler l'elfo tenebroso, Jean la meravigliosa trapezista, Tempesta la dea degli elementi, Wolverine l'uomo-bestia proveniente dallo Yukon, Banshee è l'allegro banditore, mentre a Ciclope tocca il ruolo di "Slim", l'addetto alla sicurezza.

Grazie all'intervento di Hank "La Bestia" McCoy, Vendicatore e unico tra gli X-Men originali a non aver ancora incontrato quelli nuovi, ma soprattutto grazie Wolverine, gli eroi riescono a sconfiggere Mesmero.
Le vignette dedicate al ghiottone sono bellissime. Wolverine è messo ai ceppi, ma grazie al suo bestiale istinto riesce a liberarsi dallo stato di trance sfuggendo all'influsso ipnotico.

Wolverine si libera dall'influsso ipnotico di Mesmero...
Trovato chissà dove il suo costume, Wolverine arriva da Jean e cerca di far tornare la memoria alla bella X-Woman. Memorabile il manrovescio con cui si sbarazza di Scott (finalmente!). La rossa è sotto l'influsso di Mesmero e Wolverine deve usare le maniere forti per farla rinsavire. Lo shock provocato dagli schiaffi del canadese risvegliano la personalità di Fenice con esisti inizialmente devastanti, ma tanto basta per vincere.

.. e risulta persuasivo per convincere Jean a fare altrettanto (da X-Men n°111)
Gli X-Men sconfiggono Mesmero per finire dalla padella alla brace nelle mani di Magneto che li trasporta nella sua base segreta sotto un vulcano in Antartide.[3] Wolverine viene ancora una volta sconfitto facilmente grazie al metallo dei suoi artigli che si rivela un grave handicap contro i poteri magnetici del nemico. Ancora una volta sembra che nella mente degli autori non ci fosse ancora l'idea di dotare Wolverine di un intero scheletro di adamantio che sembra essere presente solo nelle suo lame.
Magneto si sbarazza facilmente dell'artigliato canadese, come era successo nel n° 104, costretto a ritirare le sue lame per non ferirsi (da X-Men n° 112)
Prigionieri del signore del magnetismo che li sottopone a una crudele tortura, gli X-Men riescono ancora una volta a fuggire e quasi sconfiggono il loro nemico. La situazione precipita e la lava del vulcano sovrastante  invade la base. Gli X-Men si ritrovano divisi in due gruppi: Hank e Jean si salvano a stento e riescono a ritornare a casa credendo che agli altri sia capitato il peggio, invece i membri del gruppo guidato da Ciclope riescono a farcela, convinti a loro volta che La Bestia e Fenice siano morti. Finiscono così nella meravigliosa Terra Selvaggia, un angolo di giungla tropicale in mezzo al continente di ghiaccio abitato da antiche creature, animali preistorici e popoli gentili.[4]

La storia nella Terra Selvaggia dura per tre bellissimi numeri tra il 114 e il 116, mentre Claremont tesse le sue sotto-trame altrove.[5][6][7] Nei primi due Wolverine dimostra ancora la sua tipica impulsività e si merita, come al solito, i rimbrotti del capo Ciclope. Prima assale da solo un enorme rettile preistorico volante per salvare Banshee. Spietatamente Wolverine usa le sue mortali lame e John Byrne non risparmia al lettore la vista del sangue e della carne che si lacera. Ok, non è quella di un uomo, ma l'escalation di violenza rispetto alle storie degli anni precedenti è evidente. Ormai gli effetti devastanti degli attacchi dell'artigliato vengono mostrate in tutta la loro crudezza. Nel corso della storia poi, refrattario al gioco di squadra, Wolverine attacca Sauron, il pericoloso uomo-rettile che è capace di ipnotizzare coloro che incrociano il suo sguardo. Naturalmente Wolverine ci casca e Ciclope per salvarsi è costretto, per due volte e tutto sommato senza gran dispiacere, a scaricare sull'indisciplinato compagno i suoi potentissimi raggi ottici.

Wolverine si lascia andare e il sangue sgorga a fiotti (da X-Men n°114, ottobre 1978)
In un momento di calma, quando gli X-Men sono ospiti del pacifico popolo della cascata, Claremont ne approfitta per chiudere quasi definitivamente la questione della "cotta" di Wolverine per Jean Grey. Colosso chiede a Wolverine di fare un giro con lui e con due belle e disinibite ragazze indigene (una è Nereel che in seguito darà alla luce un bambino di nome Peter!), ma il solitario canadese declina l'invito. Rimane da solo con i suoi pensieri e il con suo dolore per la morte dell'amata (che invece è viva e vegeta e sta anche lei piangendo la morte di Scott e dei suoi amici a Westchester con Xavier e La Bestia). Wolverine strappa la foto di Jean, la stessa già apparsa qualche mese prima nella storia di Iron Fist, e si rinchiude nel dolore e nel rimpianto. Gli autori avevano evidentemente nuovi piani per l'artigliato mutante e la storyline dell'amore non corrisposto cominciava a essere forse un ostacolo per lo sviluppo del personaggio.

Addio Jean (da X-Men n°114)

Il nuovo Wolverine
Il numero 116 della collana, con cui si chiude la trilogia nella Terra Selvaggia, è una delle più importanti di tutta la carriera fumettistica di Wolverine. In questo numero Claremont e Byrne cambiarono radicalmente l'approccio al personaggio. Ne avevano ormai preso le misure e erano pronti a farlo diventare uno dei perni narrativi e caratteriali degli X-Men. Non più semplicemente il nanetto irascibile e indisciplinato, ma un vero guerriero in grado di cavarsela grazie alla sua immensa esperienza. Le litigate con Ciclope continueranno a lungo (fino ai nostri giorni), ma quella con il capo degli X-Men diventò una rivalità non solo per la conquista della bella Jean, ma anche per la leadership sostanziale nel gruppo. Wolverine non diventerà mai il capo degli X-Men, non è mai stato tagliato per questo, ma ne diventerà l'anima. Wolverine diventerà quello che la sa più lunga di tutti, quello che dispensa consigli su come affrontare i nemici, che si prende i rischi maggiori, e che finirà per diventare il protettore dei più giovani e inesperti compagni. Affidabile e fedele. Certo, rimarrà sempre burbero, solitario e intrattabile, ma si prenderà spesso la responsabilità di fare il lavoro sporco, di fare le cose spiacevoli, risparmiandone l'onere ai suoi amici.

Il cambiamento di Wolverine è evidente in vari momenti della storia. A un certo punto alcuni suoi compagni e il padrone di casa Ka-Zar vengono fatti prigionieri dagli sgherri del cattivo di turno, Garokk, che vuole soggiogare la Terra Selvaggia e per farlo sta distruggendo il clima mite del posto e la neve e il ghiaccio antartico stanno iniziando a coprire tutto.
Sono rimasti in tre con Tempesta e Nightcrawler e Wolverine allora prende in mano la situazione. Prima dialoga a suo modo con Zabu, la grande tigre con i denti a sciabola, fedele compagna di Ka-Zar, preoccupata per le sorti del suo padrone. La scena è straordinaria e divertente e mostra un Wolverine nuovo. La sua parte animale e la sua innata misantropia gli consentono di mettersi sulla stessa lunghezza d'onda del preistorico felide (tecnicamente un macairodonte). Si trova meglio con gli animali che con le persone: «Bravo gattino, è più furbo di molta gente che conosco.»

Wolverine e Zabu, bella coppia, si capiscono al volo (da X-Men n°116, dicembre 1978)
Alla fine Nightcrawler chiede: «Wolverine, parlavi davvero con quella tigre?». «Già», risponde il canadese. E Tempesta: «Wolverine, sei davvero più di quanto sembri.». La risposta è sardonica e emblematica: «Basso come sono non è difficile, baby.» E' diventato persino ironico e dotato di senso dell'umorismo.
Wolverine prende le redini della spedizione per la liberazione degli amici prigionieri. Guida Tempesta e Nightcrawler nei sotterranei della base di Garokk. Si assiste così alla prima uccisione premeditata di un nemico da parte di un X-Man e probabilmente da parte di un super-eroe marveliano. E' passata l'epoca degli eroi che cercano solo di fermare gli avversari possibilmente senza spargimento di sangue. Certamente nelle storie della Casa delle Idee qualche cattivo ci aveva lasciato le penne, ma sempre per eventi fortuiti o per sua stessa causa, al massimo per un errore dell'eroe di turno che poi ne portava il rimorso. Qui è diverso, Wolverine uccide consapevolmente la sfortunata sentinella senza un fiato: è quello che andava fatto, strategicamente questo è il modo di condurre la battaglia. «Snikt!» è il suono degli artigli di adamantio che vengono sfoderati, il resto non è mostrato, ma la faccia di Kurt e Ororo, persone di natura totalmente diversa da quella dello spietato canadese, dicono tutto. Lo lasciano fare, è lui che guida le danze, è lui che sa cosa va fatto, lì, in quel momento e non c'è spazio per la pietà, la posta in gioco lo richiede.

Qui si comincia a capire che Wolverine è il migliore in quello che fa, e quello che fa non è piacevole (da X-Men n°116)
Subito dopo il trio si addentra nei sotterranei e qui Wolverine, mentre elabora il piano d battaglia, viene assalito da una sorta di famelico velociraptor. E' strano, i sensi di Wolverine avrebbero forse dovuto avvisarlo, ma come dice lui stesso l'odore penetrante di fognatura del luogo ha reso il suo olfatto inefficace, e lui sta cercando, con il naso, Ciclope e Banshee, prigionieri da qualche parte.

Wolverine è indigesto, meglio non morderlo (da X-Men n°116)
La scenetta è strepitosa. Il feroce sauro inghiotte tutto l'avambraccio dell'X-Man. Pessima idea: un altro «Snikt!» e per il giurassico animaletto è la fine. Ma la parte più importante dell'avventura, e probabilmente di tutta la saga di Wolverine fino a questo momento, è nella vignetta seguente. Tempesta si preoccupa per il compagno: «Il tuo braccio... sei ferito!». Wolverine, calmissimo e perfettamente a suo agio nel ruolo di cacciatore e di guerriero, la tranquillizza: «E' tutto a posto, bimba... Guarisco in fretta! E non è ancora nata la bestia che può rompermi le ossa». Sembra una spacconata. Ma non è un Wolverine spaccone questo, è un Wolverine consapevole del suo ruolo di guida e della fiducia che i suoi amici hanno in lui. Ma è anche una frase rivelatrice. Finalmente, dopo tre anni e mezzo dalla sua prima apparizione in Giant Size X-Men n°1, viene spiegato qualcosa sul personaggio più misterioso del gruppo e viene fatto un accenno su un possibile aspetto dei suoi poteri: la capacità di guarire in fretta. E ancora qualcosa di più di un accenno circa l'indistruttibilità delle sue ossa. Non era ancora stato rivelato, né c'erano stato suggerimenti espliciti o impliciti, ma il sospetto che non solo i suoi artigli siano di adamantio, ma che ci sia dell'altro, inizia a diventare lecito e fondato.

«Guarisco in fretta e non è ancora nato chi può rompermi le ossa». Per la prima volta  viene rivelato qualcosa sul potere mutante di Wolverine (da X-Men n°116)

E' interessante notare come da qui in poi Claremont ritornerà sulla questione del potere di guarigione e sullo scheletro di adamantio del ghiottone come se la cosa fosse risaputa e ovvia. Si tratta di un artificio narrativo tipico del grande scrittore di origini inglesi. Inutile star lì a spiegare le cose, le facciamo comparire come se fossero già state spiegate in qualche vecchio numero. Beh, a volte semplicemente non è così, Claremont certe cose non le aveva spiegate mai! Di nuovo, diavolo di un Claremont!

L'avventura nella Terra Selvaggia si conclude con una bellissima scena in cui Wolverine stilla perle di saggezza, un atteggiamento mai visto prima. Tempesta cerca di salvare la vita di Garokk, il nemico sconfitto, che è precipitato in una voragine provocata dalla distruzione della sua empia cittadella: è pur sempre un essere umano, ma la ragazza non riesce nel suo intento per colpa della sua atavica claustrofobia. Torna dagli amici, ma si mette in disparte. Banshee premurosamente si chiede cos'ha: «Vado a vedere se sta bene», ma Wolverine ferma il compagno: «Lasciala stare. Rifletti, è scesa in quel buco per salvare una vita. Ed è risalita a mani vuote. Qualunque cosa sia successa laggiù, credo che voglia superarla da sola.» Un Wolverine del tutto nuovo: saggio e esperto, non più il bestiale e un po' tardo misantropo visto sinora.

Wolverine il saggio (da X-Men n°116)

Interludio: gli X-Men in Italia
Sin dai primi anni '70 gli X-Men erano ospitati in Italia nella rivista Capitan America come seconda storia. La splendida sequenza sfornata da Chris Claremont e John Byrne a partire dal 1978 non poté essere pienamente apprezzata per colpa del disordine che regnava in casa Corno, l'editore che pubblicava il materiale Marvel nel Bel Paese, proprio nel periodo in cui iniziò la grave crisi del settore. I super-eroi stavano passando di moda e l'editore non riuscì a reggere il colpo. Si navigò a vista per diversi anni, con molta confusione e con scelte non sempre azzeccate; a farne le spese furono soprattutto le serie migliori, tra cui ovviamente quella di Wolverine e dei suoi compagni. Uno dei gravi errori della Corno fu di utilizzare per i suoi albi la periodicità quattordicinale. Ciò permise, all'inizio, di pubblicare velocemente tutto il materiale originale degli anni '60 e di recuperare velocemente rispetto alla produzione americana. Ma arrivati a metà degli anni '70 le storie pubblicate in Italia si erano avvicinate troppo a quelle appena realizzate oltreoceano. Considerando i tempi tecnici per l'adattamento, l'Editoriale Corno si trovò a corto di materiale dei personaggi principali, quelli a cui erano intestate le riviste. Per L'Uomo Ragno fu abbastanza facile: le storie tratte dalla serie principale The Amazing Spider-Man furono alternate a quelle di Marvel Team-Up, collana nella quale l'Arrampicamuri duettava con altri eroi Marvel, e più tardi con quelle della nuova Peter Parker: The Spectacular Spider-Man. Per i Fantastici Quattro si utilizzarono le storie dedicate alla Cosa tratte da Marvel Two-in-One. Per Il Mitico Thor si scelse dopo 100 numeri di rinominare la testata in Thor e i Vendicatori alternando le storie tratte da The Mighty Thor a quelle di The Avengers. Il quattordicinale L'incredibile Devil fu ribattezzato Devil, Ghost, Iron-Man, ma ben presto chiuse e le storie del Diavolo Rosso e degli altri finirono su L'Uomo Ragno. Le soluzioni adottate portarono però a un notevole calo qualitativo. Gli archi narrativi, ad esempio di Thor, venivano interrotti per far posto a sequenze di storie dei Vendicatori; analogo trattamento subivano i serials pubblicati in appendice. Poi Marvel Team-Up e soprattutto Marvel Two-In-One contenevano spesso storie di livello infimo. Il peggio toccò a Capitan America che poteva contare solo sulle storie del suo mensile americano. La Corno decise allora di utilizzare le storie degli Invasori, un gruppo di super-eroi della seconda guerra mondiale di cui faceva parte lo stesso Capitan America. Materiale leggibile, ma certamente non adatto ad essere il traino della rivista. Alla fine la testata di Cap fu chiusa e fusa con quella del Dio del Tuono (erano entrambi Vendicatori e la coabitazione poteva avere senso) in Thor e Capitan America, quattordicinale dove anche gli X-Men traslocarono con storie quasi sempre divise in più parti e pubblicate in modo frammentario. L'ultima storia degli X-Men in questa rivista, il numero 112 della collana americana, apparve nell'ottobre del 1979. L'anno dopo anche la testata del Dio del Tuono chiuse i battenti e la Corno pubblicò inopinatamente il numero 113 di X-Men sul mensile Gli Eterni nel luglio del 1980. Passarono quasi due anni e la pubblicazione delle storie mutanti ricominciò, in modo abbastanza regolare, sull'unico periodico di casa Corno dedicato agli eroi Marvel, la seconda serie de L'Uomo Ragno, fino al numero 122 di X-Men che apparve nel gennaio 1983 nel numero 30 della effimera  rivista. Qualche mese dopo l'Editoriale Corno terminò la sua gloriosa corsa. Solo nel 1986 alcune storie furono pubblicate nei due unici numeri della rivista Marvel della Labor Comics, sfortunato tentativo di riportare nelle edicole i super-eroi creati da Stan Lee. Nel 1988 il serial mutante ricominciò ad essere pubblicato, sia pur all'inizio in modo frammentario e con storie spezzate su più numeri, nel nuovo mensile L'Uomo Ragno della Star Comics a partire dall'inizio della cosiddetta saga di Fenice Nera, anche se le quattro storie della saga di Protesus (i numeri 125 e 126 già pubblicati dalla Labor, e gli inediti 127 e 128) apparvero in un albo speciale fuori serie nel dicembre del 1988. Nel 1990, finalmente, gli X-Men si videro dedicare dalla meritoria casa editrice di Perugia un mensile italiano tutto loro. Ormai la distanza tra le pubblicazioni italiane e quelle statunitensi era arrivata a otto anni. Per leggere per intero la prima storica sequenza di avventure realizzate dal duo Claremont-Byrne (dal numero 108 al numero 128 di X-Men) furono necessari in Italia nove anni e mezzo. Per fortuna negli anni successivi Star Comics e poi Marvel Italia ristamparono più volte le storie, anche in volumi di pregio per il mercato delle librerie.



Le copertine di alcuni albi italiani in cui sono apparse le storie degli X-Men: Editoriale Corno, Labor Comics, Star Comics e infine Marvel Italia

Continua nella settima parte.

Note
[1] Il numero 111 della collana X-Men (data di copertina giugno 1978)  fu pubblicato in Italia nei numeri 219 e 220 del quattordicinale Thor e i Vendicatori dell'Editoriale Corno (settembre 1979).
[2] Dal numero 114 la copertina iniziò a riportare l'espressione The Uncanny X-Men, ma la testata ufficialmente continuò a chiamarsi semplicemente X-Men. Dal numero 142 del febbraio 1981 assunse ufficialmente il nome di Uncanny X-Men (senza l'articolo) e lo mantenne sino alla chiusura col numero 544 del dicembre 2011. Il mese successivo iniziò una nuova collana che ripartì con un nuovo numero 1 (Uncanny X-Men Vol. 2).
[3] Il numero 112 della collana X-Men (data di copertina agosto 1978)  fu pubblicato in Italia nel numero 221 del quattordicinale Thor e i Vendicatori dell'Editoriale Corno (ottobre 1979).
[4] Il numero 113 della collana X-Men (data di copertina settembre 1978)  fu pubblicato in Italia nel numero 29 del mensile Gli Eterni dell'Editoriale Corno (luglio 1980).
[5] Il numero 114 della collana X-Men (The Uncanny X-Men nel logo, data di copertina ottobre 1978)  fu pubblicato in Italia nei numeri 2 e 3  del settimanale L'Uomo Ragno (2a serie) dell'Editoriale Corno (marzo 1982).
[6] Il numero 115 della collana X-Men (The Uncanny X-Men nel logo, data di copertina novembre 1978)  fu pubblicato in Italia nei numeri 6 e 7 del settimanale L'Uomo Ragno (2a serie) dell'Editoriale Corno (aprile 1982).
[7] Il numero 116 della collana X-Men (The Uncanny X-Men nel logo, data di copertina dicembre 1978)  fu pubblicato in Italia nei numeri 9 e 10 del settimanale L'Uomo Ragno (2a serie) dell'Editoriale Corno (aprile-maggio 1982).

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