giovedì 21 aprile 2016

La morte di Wolverine. L'evoluzione del personaggio Marvel che ha cambiato il mondo dei supereroi (6)

La quinta parte è qui.

La splendida copertina di X-Men n°111, di Dave Cockrum e Terry Austin

Finalmente Uncanny!
Con il numero 111 iniziò una delle sequenze più avvincenti di storie della collana X-Men mai realizzate e che andò avanti per oltre un anno.[1] Byrne e Claremont portarono la serie ai suoi massimi livelli e finalmente i nuovi mutanti del professor Xavier iniziarono a ottenere il successo che meritavano. Dal numero 112 la rivista diventò mensile e dal numero 114 il logo della copertina iniziò ad essere preceduto dall'espressione The Uncanny al posto di All-New All-Different.[2] Gli X-Men non erano più nuovi, anche se rimanevano diversi per tanti motivi. Ormai erano entrati di diritto tra i personaggi più importanti della Marvel. Ma erano ancora il gruppo più strano, più avventuroso e quindi  sconcertante.

Il nuovo logo (da X-Men n°114, ottobre 1978)
Una lunga sequenza di racconti che portò gli X-Men in giro per il mondo contro nuovi e vecchi nemici, che fece incontrare loro vecchi e nuovi amici, ma soprattutto diede modo agli autori di far crescere in statura i personaggi come singoli e come gruppo. Fu in queste storie che i nuovi Tempesta, Colosso, Nightcrawler, ma anche i vecchi Ciclope e Fenice, ma soprattutto Wolverine, acquistarono la personalità e le caratteristiche che li resero tra i migliori personaggi Marvel. La tournée iniziò con il loro rapimento da parte di Mesmero, proseguì con  un nuovo confronto contro Magneto, con la loro apparente morte e con una bellissima avventura nella Terra Selvaggia insieme a Ka-Zar, il tarzanide di casa Marvel. Quindi la prima di tante avventure in Giappone con il redivivo Sole Ardente e una deviazione in Canada contro il supergruppo governativo degli Alpha Flight. Infine l'incontro con il fantasioso killer Arcade con gli X-Men ormai pronti  per gli eventi drammatici della saga di Proteus e della successiva celebre saga di Fenice Nera.

Nel numero 111 tornò John Byrne dopo la breve pausa nel numero precedente e con Claremont sfornò una storia bellissima, divertente e appassionate.[1] Gli X-Men vengono rapiti da Mesmero, un mutante capace di ipnotizzare le persone, che li trasforma in fenomeni da baraccone, le principali attrazioni di un pittoresco e strambo circo. Colosso il forzuto uomo d'acciao, Nightcrawler l'elfo tenebroso, Jean la meravigliosa trapezista, Tempesta la dea degli elementi, Wolverine l'uomo-bestia proveniente dallo Yukon, Banshee è l'allegro banditore, mentre a Ciclope tocca il ruolo di "Slim", l'addetto alla sicurezza.

Grazie all'intervento di Hank "La Bestia" McCoy, Vendicatore e unico tra gli X-Men originali a non aver ancora incontrato quelli nuovi, ma soprattutto grazie Wolverine, gli eroi riescono a sconfiggere Mesmero.
Le vignette dedicate al ghiottone sono bellissime. Wolverine è messo ai ceppi, ma grazie al suo bestiale istinto riesce a liberarsi dallo stato di trance sfuggendo all'influsso ipnotico.

Wolverine si libera dall'influsso ipnotico di Mesmero...
Trovato chissà dove il suo costume, Wolverine arriva da Jean e cerca di far tornare la memoria alla bella X-Woman. Memorabile il manrovescio con cui si sbarazza di Scott (finalmente!). La rossa è sotto l'influsso di Mesmero e Wolverine deve usare le maniere forti per farla rinsavire. Lo shock provocato dagli schiaffi del canadese risvegliano la personalità di Fenice con esisti inizialmente devastanti, ma tanto basta per vincere.

.. e risulta persuasivo per convincere Jean a fare altrettanto (da X-Men n°111)
Gli X-Men sconfiggono Mesmero per finire dalla padella alla brace nelle mani di Magneto che li trasporta nella sua base segreta sotto un vulcano in Antartide.[3] Wolverine viene ancora una volta sconfitto facilmente grazie al metallo dei suoi artigli che si rivela un grave handicap contro i poteri magnetici del nemico. Ancora una volta sembra che nella mente degli autori non ci fosse ancora l'idea di dotare Wolverine di un intero scheletro di adamantio che sembra essere presente solo nelle suo lame.
Magneto si sbarazza facilmente dell'artigliato canadese, come era successo nel n° 104, costretto a ritirare le sue lame per non ferirsi (da X-Men n° 112)
Prigionieri del signore del magnetismo che li sottopone a una crudele tortura, gli X-Men riescono ancora una volta a fuggire e quasi sconfiggono il loro nemico. La situazione precipita e la lava del vulcano sovrastante  invade la base. Gli X-Men si ritrovano divisi in due gruppi: Hank e Jean si salvano a stento e riescono a ritornare a casa credendo che agli altri sia capitato il peggio, invece i membri del gruppo guidato da Ciclope riescono a farcela, convinti a loro volta che La Bestia e Fenice siano morti. Finiscono così nella meravigliosa Terra Selvaggia, un angolo di giungla tropicale in mezzo al continente di ghiaccio abitato da antiche creature, animali preistorici e popoli gentili.[4]

La storia nella Terra Selvaggia dura per tre bellissimi numeri tra il 114 e il 116, mentre Claremont tesse le sue sotto-trame altrove.[5][6][7] Nei primi due Wolverine dimostra ancora la sua tipica impulsività e si merita, come al solito, i rimbrotti del capo Ciclope. Prima assale da solo un enorme rettile preistorico volante per salvare Banshee. Spietatamente Wolverine usa le sue mortali lame e John Byrne non risparmia al lettore la vista del sangue e della carne che si lacera. Ok, non è quella di un uomo, ma l'escalation di violenza rispetto alle storie degli anni precedenti è evidente. Ormai gli effetti devastanti degli attacchi dell'artigliato vengono mostrate in tutta la loro crudezza. Nel corso della storia poi, refrattario al gioco di squadra, Wolverine attacca Sauron, il pericoloso uomo-rettile che è capace di ipnotizzare coloro che incrociano il suo sguardo. Naturalmente Wolverine ci casca e Ciclope per salvarsi è costretto, per due volte e tutto sommato senza gran dispiacere, a scaricare sull'indisciplinato compagno i suoi potentissimi raggi ottici.

Wolverine si lascia andare e il sangue sgorga a fiotti (da X-Men n°114, ottobre 1978)
In un momento di calma, quando gli X-Men sono ospiti del pacifico popolo della cascata, Claremont ne approfitta per chiudere quasi definitivamente la questione della "cotta" di Wolverine per Jean Grey. Colosso chiede a Wolverine di fare un giro con lui e con due belle e disinibite ragazze indigene (una è Nereel che in seguito darà alla luce un bambino di nome Peter!), ma il solitario canadese declina l'invito. Rimane da solo con i suoi pensieri e il con suo dolore per la morte dell'amata (che invece è viva e vegeta e sta anche lei piangendo la morte di Scott e dei suoi amici a Westchester con Xavier e La Bestia). Wolverine strappa la foto di Jean, la stessa già apparsa qualche mese prima nella storia di Iron Fist, e si rinchiude nel dolore e nel rimpianto. Gli autori avevano evidentemente nuovi piani per l'artigliato mutante e la storyline dell'amore non corrisposto cominciava a essere forse un ostacolo per lo sviluppo del personaggio.

Addio Jean (da X-Men n°114)

Il nuovo Wolverine
Il numero 116 della collana, con cui si chiude la trilogia nella Terra Selvaggia, è una delle più importanti di tutta la carriera fumettistica di Wolverine. In questo numero Claremont e Byrne cambiarono radicalmente l'approccio al personaggio. Ne avevano ormai preso le misure e erano pronti a farlo diventare uno dei perni narrativi e caratteriali degli X-Men. Non più semplicemente il nanetto irascibile e indisciplinato, ma un vero guerriero in grado di cavarsela grazie alla sua immensa esperienza. Le litigate con Ciclope continueranno a lungo (fino ai nostri giorni), ma quella con il capo degli X-Men diventò una rivalità non solo per la conquista della bella Jean, ma anche per la leadership sostanziale nel gruppo. Wolverine non diventerà mai il capo degli X-Men, non è mai stato tagliato per questo, ma ne diventerà l'anima. Wolverine diventerà quello che la sa più lunga di tutti, quello che dispensa consigli su come affrontare i nemici, che si prende i rischi maggiori, e che finirà per diventare il protettore dei più giovani e inesperti compagni. Affidabile e fedele. Certo, rimarrà sempre burbero, solitario e intrattabile, ma si prenderà spesso la responsabilità di fare il lavoro sporco, di fare le cose spiacevoli, risparmiandone l'onere ai suoi amici.

Il cambiamento di Wolverine è evidente in vari momenti della storia. A un certo punto alcuni suoi compagni e il padrone di casa Ka-Zar vengono fatti prigionieri dagli sgherri del cattivo di turno, Garokk, che vuole soggiogare la Terra Selvaggia e per farlo sta distruggendo il clima mite del posto e la neve e il ghiaccio antartico stanno iniziando a coprire tutto.
Sono rimasti in tre con Tempesta e Nightcrawler e Wolverine allora prende in mano la situazione. Prima dialoga a suo modo con Zabu, la grande tigre con i denti a sciabola, fedele compagna di Ka-Zar, preoccupata per le sorti del suo padrone. La scena è straordinaria e divertente e mostra un Wolverine nuovo. La sua parte animale e la sua innata misantropia gli consentono di mettersi sulla stessa lunghezza d'onda del preistorico felide (tecnicamente un macairodonte). Si trova meglio con gli animali che con le persone: «Bravo gattino, è più furbo di molta gente che conosco.»

Wolverine e Zabu, bella coppia, si capiscono al volo (da X-Men n°116, dicembre 1978)
Alla fine Nightcrawler chiede: «Wolverine, parlavi davvero con quella tigre?». «Già», risponde il canadese. E Tempesta: «Wolverine, sei davvero più di quanto sembri.». La risposta è sardonica e emblematica: «Basso come sono non è difficile, baby.» E' diventato persino ironico e dotato di senso dell'umorismo.
Wolverine prende le redini della spedizione per la liberazione degli amici prigionieri. Guida Tempesta e Nightcrawler nei sotterranei della base di Garokk. Si assiste così alla prima uccisione premeditata di un nemico da parte di un X-Man e probabilmente da parte di un super-eroe marveliano. E' passata l'epoca degli eroi che cercano solo di fermare gli avversari possibilmente senza spargimento di sangue. Certamente nelle storie della Casa delle Idee qualche cattivo ci aveva lasciato le penne, ma sempre per eventi fortuiti o per sua stessa causa, al massimo per un errore dell'eroe di turno che poi ne portava il rimorso. Qui è diverso, Wolverine uccide consapevolmente la sfortunata sentinella senza un fiato: è quello che andava fatto, strategicamente questo è il modo di condurre la battaglia. «Snikt!» è il suono degli artigli di adamantio che vengono sfoderati, il resto non è mostrato, ma la faccia di Kurt e Ororo, persone di natura totalmente diversa da quella dello spietato canadese, dicono tutto. Lo lasciano fare, è lui che guida le danze, è lui che sa cosa va fatto, lì, in quel momento e non c'è spazio per la pietà, la posta in gioco lo richiede.

Qui si comincia a capire che Wolverine è il migliore in quello che fa, e quello che fa non è piacevole (da X-Men n°116)
Subito dopo il trio si addentra nei sotterranei e qui Wolverine, mentre elabora il piano d battaglia, viene assalito da una sorta di famelico velociraptor. E' strano, i sensi di Wolverine avrebbero forse dovuto avvisarlo, ma come dice lui stesso l'odore penetrante di fognatura del luogo ha reso il suo olfatto inefficace, e lui sta cercando, con il naso, Ciclope e Banshee, prigionieri da qualche parte.

Wolverine è indigesto, meglio non morderlo (da X-Men n°116)
La scenetta è strepitosa. Il feroce sauro inghiotte tutto l'avambraccio dell'X-Man. Pessima idea: un altro «Snikt!» e per il giurassico animaletto è la fine. Ma la parte più importante dell'avventura, e probabilmente di tutta la saga di Wolverine fino a questo momento, è nella vignetta seguente. Tempesta si preoccupa per il compagno: «Il tuo braccio... sei ferito!». Wolverine, calmissimo e perfettamente a suo agio nel ruolo di cacciatore e di guerriero, la tranquillizza: «E' tutto a posto, bimba... Guarisco in fretta! E non è ancora nata la bestia che può rompermi le ossa». Sembra una spacconata. Ma non è un Wolverine spaccone questo, è un Wolverine consapevole del suo ruolo di guida e della fiducia che i suoi amici hanno in lui. Ma è anche una frase rivelatrice. Finalmente, dopo tre anni e mezzo dalla sua prima apparizione in Giant Size X-Men n°1, viene spiegato qualcosa sul personaggio più misterioso del gruppo e viene fatto un accenno su un possibile aspetto dei suoi poteri: la capacità di guarire in fretta. E ancora qualcosa di più di un accenno circa l'indistruttibilità delle sue ossa. Non era ancora stato rivelato, né c'erano stato suggerimenti espliciti o impliciti, ma il sospetto che non solo i suoi artigli siano di adamantio, ma che ci sia dell'altro, inizia a diventare lecito e fondato.

«Guarisco in fretta e non è ancora nato chi può rompermi le ossa». Per la prima volta  viene rivelato qualcosa sul potere mutante di Wolverine (da X-Men n°116)

E' interessante notare come da qui in poi Claremont ritornerà sulla questione del potere di guarigione e sullo scheletro di adamantio del ghiottone come se la cosa fosse risaputa e ovvia. Si tratta di un artificio narrativo tipico del grande scrittore di origini inglesi. Inutile star lì a spiegare le cose, le facciamo comparire come se fossero già state spiegate in qualche vecchio numero. Beh, a volte semplicemente non è così, Claremont certe cose non le aveva spiegate mai! Di nuovo, diavolo di un Claremont!

L'avventura nella Terra Selvaggia si conclude con una bellissima scena in cui Wolverine stilla perle di saggezza, un atteggiamento mai visto prima. Tempesta cerca di salvare la vita di Garokk, il nemico sconfitto, che è precipitato in una voragine provocata dalla distruzione della sua empia cittadella: è pur sempre un essere umano, ma la ragazza non riesce nel suo intento per colpa della sua atavica claustrofobia. Torna dagli amici, ma si mette in disparte. Banshee premurosamente si chiede cos'ha: «Vado a vedere se sta bene», ma Wolverine ferma il compagno: «Lasciala stare. Rifletti, è scesa in quel buco per salvare una vita. Ed è risalita a mani vuote. Qualunque cosa sia successa laggiù, credo che voglia superarla da sola.» Un Wolverine del tutto nuovo: saggio e esperto, non più il bestiale e un po' tardo misantropo visto sinora.

Wolverine il saggio (da X-Men n°116)

Interludio: gli X-Men in Italia
Sin dai primi anni '70 gli X-Men erano ospitati in Italia nella rivista Capitan America come seconda storia. La splendida sequenza sfornata da Chris Claremont e John Byrne a partire dal 1978 non poté essere pienamente apprezzata per colpa del disordine che regnava in casa Corno, l'editore che pubblicava il materiale Marvel nel Bel Paese, proprio nel periodo in cui iniziò la grave crisi del settore. I super-eroi stavano passando di moda e l'editore non riuscì a reggere il colpo. Si navigò a vista per diversi anni, con molta confusione e con scelte non sempre azzeccate; a farne le spese furono soprattutto le serie migliori, tra cui ovviamente quella di Wolverine e dei suoi compagni. Uno dei gravi errori della Corno fu di utilizzare per i suoi albi la periodicità quattordicinale. Ciò permise, all'inizio, di pubblicare velocemente tutto il materiale originale degli anni '60 e di recuperare velocemente rispetto alla produzione americana. Ma arrivati a metà degli anni '70 le storie pubblicate in Italia si erano avvicinate troppo a quelle appena realizzate oltreoceano. Considerando i tempi tecnici per l'adattamento, l'Editoriale Corno si trovò a corto di materiale dei personaggi principali, quelli a cui erano intestate le riviste. Per L'Uomo Ragno fu abbastanza facile: le storie tratte dalla serie principale The Amazing Spider-Man furono alternate a quelle di Marvel Team-Up, collana nella quale l'Arrampicamuri duettava con altri eroi Marvel, e più tardi con quelle della nuova Peter Parker: The Spectacular Spider-Man. Per i Fantastici Quattro si utilizzarono le storie dedicate alla Cosa tratte da Marvel Two-in-One. Per Il Mitico Thor si scelse dopo 100 numeri di rinominare la testata in Thor e i Vendicatori alternando le storie tratte da The Mighty Thor a quelle di The Avengers. Il quattordicinale L'incredibile Devil fu ribattezzato Devil, Ghost, Iron-Man, ma ben presto chiuse e le storie del Diavolo Rosso e degli altri finirono su L'Uomo Ragno. Le soluzioni adottate portarono però a un notevole calo qualitativo. Gli archi narrativi, ad esempio di Thor, venivano interrotti per far posto a sequenze di storie dei Vendicatori; analogo trattamento subivano i serials pubblicati in appendice. Poi Marvel Team-Up e soprattutto Marvel Two-In-One contenevano spesso storie di livello infimo. Il peggio toccò a Capitan America che poteva contare solo sulle storie del suo mensile americano. La Corno decise allora di utilizzare le storie degli Invasori, un gruppo di super-eroi della seconda guerra mondiale di cui faceva parte lo stesso Capitan America. Materiale leggibile, ma certamente non adatto ad essere il traino della rivista. Alla fine la testata di Cap fu chiusa e fusa con quella del Dio del Tuono (erano entrambi Vendicatori e la coabitazione poteva avere senso) in Thor e Capitan America, quattordicinale dove anche gli X-Men traslocarono con storie quasi sempre divise in più parti e pubblicate in modo frammentario. L'ultima storia degli X-Men in questa rivista, il numero 112 della collana americana, apparve nell'ottobre del 1979. L'anno dopo anche la testata del Dio del Tuono chiuse i battenti e la Corno pubblicò inopinatamente il numero 113 di X-Men sul mensile Gli Eterni nel luglio del 1980. Passarono quasi due anni e la pubblicazione delle storie mutanti ricominciò, in modo abbastanza regolare, sull'unico periodico di casa Corno dedicato agli eroi Marvel, la seconda serie de L'Uomo Ragno, fino al numero 122 di X-Men che apparve nel gennaio 1983 nel numero 30 della effimera  rivista. Qualche mese dopo l'Editoriale Corno terminò la sua gloriosa corsa. Solo nel 1986 alcune storie furono pubblicate nei due unici numeri della rivista Marvel della Labor Comics, sfortunato tentativo di riportare nelle edicole i super-eroi creati da Stan Lee. Nel 1988 il serial mutante ricominciò ad essere pubblicato, sia pur all'inizio in modo frammentario e con storie spezzate su più numeri, nel nuovo mensile L'Uomo Ragno della Star Comics a partire dall'inizio della cosiddetta saga di Fenice Nera, anche se le quattro storie della saga di Protesus (i numeri 125 e 126 già pubblicati dalla Labor, e gli inediti 127 e 128) apparvero in un albo speciale fuori serie nel dicembre del 1988. Nel 1990, finalmente, gli X-Men si videro dedicare dalla meritoria casa editrice di Perugia un mensile italiano tutto loro. Ormai la distanza tra le pubblicazioni italiane e quelle statunitensi era arrivata a otto anni. Per leggere per intero la prima storica sequenza di avventure realizzate dal duo Claremont-Byrne (dal numero 108 al numero 128 di X-Men) furono necessari in Italia nove anni e mezzo. Per fortuna negli anni successivi Star Comics e poi Marvel Italia ristamparono più volte le storie, anche in volumi di pregio per il mercato delle librerie.



Le copertine di alcuni albi italiani in cui sono apparse le storie degli X-Men: Editoriale Corno, Labor Comics, Star Comics e infine Marvel Italia

Continua nella settima parte.

Note
[1] Il numero 111 della collana X-Men (data di copertina giugno 1978)  fu pubblicato in Italia nei numeri 219 e 220 del quattordicinale Thor e i Vendicatori dell'Editoriale Corno (settembre 1979).
[2] Dal numero 114 la copertina iniziò a riportare l'espressione The Uncanny X-Men, ma la testata ufficialmente continuò a chiamarsi semplicemente X-Men. Dal numero 142 del febbraio 1981 assunse ufficialmente il nome di Uncanny X-Men (senza l'articolo) e lo mantenne sino alla chiusura col numero 544 del dicembre 2011. Il mese successivo iniziò una nuova collana che ripartì con un nuovo numero 1 (Uncanny X-Men Vol. 2).
[3] Il numero 112 della collana X-Men (data di copertina agosto 1978)  fu pubblicato in Italia nel numero 221 del quattordicinale Thor e i Vendicatori dell'Editoriale Corno (ottobre 1979).
[4] Il numero 113 della collana X-Men (data di copertina settembre 1978)  fu pubblicato in Italia nel numero 29 del mensile Gli Eterni dell'Editoriale Corno (luglio 1980).
[5] Il numero 114 della collana X-Men (The Uncanny X-Men nel logo, data di copertina ottobre 1978)  fu pubblicato in Italia nei numeri 2 e 3  del settimanale L'Uomo Ragno (2a serie) dell'Editoriale Corno (marzo 1982).
[6] Il numero 115 della collana X-Men (The Uncanny X-Men nel logo, data di copertina novembre 1978)  fu pubblicato in Italia nei numeri 6 e 7 del settimanale L'Uomo Ragno (2a serie) dell'Editoriale Corno (aprile 1982).
[7] Il numero 116 della collana X-Men (The Uncanny X-Men nel logo, data di copertina dicembre 1978)  fu pubblicato in Italia nei numeri 9 e 10 del settimanale L'Uomo Ragno (2a serie) dell'Editoriale Corno (aprile-maggio 1982).

martedì 19 aprile 2016

La morte di Wolverine. L'evoluzione del personaggio Marvel che ha cambiato il mondo dei supereroi (5)

La quarta parte è qui.

Gli eroi tornano a casa e Wolverine non vede l'ora di togliersi il costume alieno che si è procurato per non restare nudo. Evidentemente a John Byrne, nuovo disegnatore della serie, non piaceva proprio (da X-Men n°109)

Che prurito 'sto costume!
Quella pubblicata nel numero 109 della collana X-Men è una delle classiche storie di passaggio in cui Claremont fa prendere un po' di respiro agli eroi.[1] Mica tanto però, perché già dopo poche pagine l'azione prende il sopravvento. Il tempo di tornare a casa, darsi una ripulita, fare qualche riflessione. Qualche vignetta dedicata a ogni personaggio e così Claremont ce li mostra in una dimensione casalinga e ce li rende più familiari. Domina su tutto comunque la presenza inquietante di Fenice con i suoi straordinari poteri che sono stati in grado di salvare l'universo: «Jean cosa sei diventata?» si chiedono i suoi genitori e Scott.

Ma questa è la prima storia in cui il vero protagonista è Wolverine. Il numero precedente Armageddon Now! era stato disegnato da John Byrne, ma sul canovaccio già delineato della saga spaziale iniziata da Dave Cockrum. Questa è la prima storia interamente sua e il grande disegnatore inizia subito a metterci lo zampino. Intanto, già nella prima vignetta, si libera del nuovo e antiestetico costume di Wolverine e poche pagine dopo ce lo restituisce con la classica divisa gialla. Che ha un grande difetto: è tutt'altro che "mimetica", anzi è troppo sgargiante per il tipo di personaggio che Wolverine sta diventando storia dopo storia. Ci vorrà ancora qualche anno, ma alla fine il costume verrà cambiato davvero, assumendo una colorazione più adatta al ghiottone che, lo si scopre proprio in questa storia, è di natura un cacciatore, furtivo e silenzioso, che si affida, come tutti i predatori, all'udito, all'olfatto e a una innata capacità di passare inosservato. Il nuovo costume, quando verrà adottato, utilizzerà paradossalmente colori simili a quelli pensati da Cockrum. Insomma Cockrum c'aveva visto giusto, peccato che il costume di Fang, con quella assurda collana di zanne, fosse davvero brutto.

La trasformazione di Wolverine è comunque in atto, ma a piccoli, piccolissimi passi. Nel numero precedente l'eroe artigliato aveva poco prudentemente affrontato il piccoletto di nome Jahf, guardiano del cristallo di M'Kraan e si era beccato un pugno devastante che l'aveva mandato fuori dall'orbita del pianeta.

Wolverine, stai attento! (da X-Men n° 108)
Wolverine ferito dopo lo scontro con Jahf viene soccorso e riportato a casa (da X-Men n° 108, in una vignetta di John Byrne e Terry Austin non ancora colorata)

Fortunatamente era stato recuperato dallo Starjammer, l'astronave dei Predoni Stellari. Era rimasto privo di sensi, tanto che nelle ultime vignette appare ferito e bendato e viene trasportato a braccio da Nightcrawler. E' evidente che l'idea del fattore di guarigione fosse ancora lontana così come quella dello scheletro metallico.

Il Maggiore Foglia d'Acero
La parte più importante della storia del numero 109, come anticipato,  riguarda Wolverine. Gli eroi a riposo decidono di andare a fare un picnic nei boschi intorno a Westchester, il luogo dove sorge la Xavier's School for Gifted Youngsters. Wolverine il solitario chiede un passaggio. «Bene, più siamo e più ci divertiamo. Ma, da quando sei diventato un tipo socievole?» chiede Moira. «Voglio solo un passaggio» risponde Wolverine «Sono stato lontano dai boschi troppo tempo e ho voglio di andare a caccia». Ororo si scandalizza «Uccidere dei poveri animali innocenti... per divertimento?» La risposta di Wolverine rivela molto della sua natura e di come il personaggio stia attraversando una trasformazione non banale nelle mani di Claremont: «Ho detto cacciare, cocca, non uccidere. Non ci vuole nessuna abilità a uccidere. Semmai l'abilità è avvicinarsi a un daino scontroso fino a poterlo toccare.» Tempesta allora capisce: «Wolverine mi dispiace, ti ho giudicato male.» Anche gli autori, e di conseguenza i lettori, non conoscevano davvero Wolverine: «Non me ne frega niente 'roro. Mi avete mal giudicato tutti fin dal giorno in cui sono entrato in questa banda di falliti.»

Wolverine vuole andare a caccia. Orrore! Ma i suoi compagni ancora non lo conoscono (da X-Men n°109)
Ma le novità per l'X-Man con gli artigli non finiscono qui. Il governo canadese non ha preso bene il suo abbandono ai tempi del Giant Size X-Men n°1. Narrativamente la scelta di Wolverine di lasciare la base Alpha non convince. Perché un super soldato addestrato per dieci anni per essere l'arma segreta dell'esercito canadese decide di seguire negli Stati Uniti un signore in sedia a rotelle senza un valido motivo? Solo perché si annoiava? E unirsi poi a un gruppo di "falliti" che nemmeno lo apprezzano? Non regge. Per questo Claremont cerca di sviluppare un po' la vicenda e fornisce qualche nuovo elemento per spiegare finalmente un po' del passato del ghiottone. Durante la scampagnata, visto non si può mai stare in pace, appare all'improvviso un tizio bellicoso con un costume che ricorda la bandiera canadese. E' James MacDonald Hudson, nome in codice Arma Alpha, che è stato mandato dal governo canadese per riportare indietro l'Arma X. Si intuisce che i due si conoscono da tempo, erano amici ai tempi della permanenza di Wolverine in Canada. Lui lo chiama per nome, sa che si chiama Logan (è la terza volta che si sente questo nome dopo l'incontro con lo gnomo irlandese a Castel Cassidy e dopo una storia di cui si parlerà tra breve) e Wolverine usa il nomignolo "Jimmie" (anche se in seguito verrà sempre chiamato "Mac"). La zuffa tra i due finisce per coinvolgere anche gli altri compresa una splendida Ororo in bikini e, grazie a una certa impreparazione di MacDonald Hudson, Moira viene ferita. Banshee non la prende bene e il picnic si trasforma in una battaglia. Il nuovo super soldato canadese è costretto alla fuga, fallendo la sua missione. Non è riuscito a riportare a casa Wolverine, per cui ci si può aspettare prima o poi di rivederlo, e saranno guai. Il disegno del costume di Arma Alpha (che poi i lettori impareranno a conoscere come Vendicatore e Guardian) è ispirato alla bandiera del Canada, sulla falsariga di personaggi ben più famosi come Capitan America o Capitan Bretagna. Qui Byrne, forse perché spinto dall'editore, commette un mezzo passo falso. Quando Len Wein decise di creare il primo super-eroe canadese, cioè proprio Wolverine, non lo rese banale donandogli un costume "nazionale", ma si limitò a sfruttare l'idea di un personaggio ispirato a un animale tipico delle foreste del nord che richiamasse il Canada senza buffi accostamenti. Questa volta invece il cliché viene utilizzato in pieno. Causticamente Banshee si rivolge a Arma Alpha chiamandolo "Maggiore Foglia d'Acero"...

Le vacanze sono finite! Ma Wolverine non è molto daccordo (da X-Men n°109)

Cuori infranti, pugni d'acciaio e denti a sciabola
La storia del numero 109 è strettamente collegata a quella pubblicata qualche mese prima sull'ultimo numero di Iron Fist, sfortunata collana dedicata a Pugno d'Acciao, uno degli eroi del kung-fu marveliano, all'epoca curata anch'essa da Chris Claremont e John Byrne.[2] Teoricamente la storia dovrebbe essere collocata prima di quella degli X-Men: a parte la data di copertina, nella storia di Pugno d'Acciaio Wolverine indossa ancora il costume alieno di Fang, ma alcuni elementi la possono collocare anche immediatamente dopo l'incontro con l'Arma Alpha. L'albo è comunque interessantissimo soprattutto per il mutante artigliato. In primo luogo, come accennato, è l'unica storia completa in cui Wolverine indossa il costume alieno, prima che Byrne decidesse di disfarsene. Curiosamente la storia, verosimilmente disegnata dopo la saga stellare ma antecedentemente al numero 109 di X-Men, fu pubblicata ancor prima dell'avventura in cui Wolverine si procura il costume, come visto nel numero 107 di X-Men. Tipici paradossi della continuity marveliana. Soprattutto è il focus su Wolverine che rende la vicenda interessante, nonostante non sia narrata sulle pagine della collana mutante.

La storia inizia con una scena notturna in cui si vede Wolverine davanti a una casa nel Greenwich Village a New York. E' l'appartamento che Jean Grey divide con Misty Knight. Le didascalie di Claremont sono illuminati. «Un uomo veglia da solo. Il suo nome è Logan, anche se quasi nessuno lo sa. A lui piace così, perché i nomi sono condivisi con gli amici e, soprattutto, Wolverine è un solitario, o lo è stato. In questi giorni non ne è più così sicuro.» E' la seconda volta che viene usato il nome Logan. Claremont, come spesso fa, scrive come se alcune informazioni fossero note e risapute, ma non è così. La questione del nome è stata solo accennata nel numero 103 di X-Men, alcuni mesi prima. E' un artificio tipico di Claremont, quello di rivelare retroscena ignoti come se fossero ovvi; ciò gli consente di risparmiare un mucchio di spiegazioni dettagliate e pesanti e di creare un clima di profondità altrimenti assente.

Le pene amorose di Wolverine (da Iron Fist n°15, Marvel Comics, settembre 1977)

Il mutante canadase medita sulla sua asocialità e sul sentimento che prova per la bella Jean che, come si era intuito, gli interessa molto. Un sentimento apparentemente nuovo, ma ostacolato dalla ingombrante presenza di Scott "Ciclope" Summers, l'intrepido capo che Wolverine non sopporta proprio e non manca mai di criticare palesando la sua antipatia. «E' pazzesco! Cosa sto facendo? Sto piagnucolando come uno schifoso pidocchio? Amale e lasciale. Ho fatto sempre così. Jean Grey è diversa. Non riesco a tenerla fuori dai miei pensieri!» Immerso nelle sue riflessioni, maneggia una fotografia che ritrae Scott e Jean sorridenti. Chissà come se l'è procurata, forse l'ha rubata a scuola. In ogni caso la strappa dividendola a metà e tenendo per sé solo la parte che ritrae la ragazza. «Come può pensare di amare un buono a nulla senza palle come Summers? Lui non è per te, signora. Io lo sono.»
Wolverine si accorge che un uomo sta entrando furtivamente nell'appartamento. E' Danny "Iron Fist" Rand, il ragazzo di Misty, che cerca un rifugio dopo uno scontro con un suo nemico. La ragazza non c'è, è in missione, perché anche lei è una super-donna, ma nella casa è in programma una festa per gli amici di Jean, dopo il loro ritorno dallo spazio. Ecco perché Wolverine stava gironzolando lì intorno. Danny capisce che è meglio sparire, lui al party non è invitato. Ma... snikt!, Wolverine estrae gli artigli e ne nasce una zuffa memorabile.

Wolverine attacca Pugno d'Acciaio (da Iron Fist n°15)

Botte da orbi tra il mutante artigliato con l'orrida divisa e uno dei più grandi maestri di arti marziali, per di più potenziato con il suo "pugno d'acciaio". L'elegante Iron Fist contro il bestiale e malvestito tappo canadese. «Cosa ci fai nella casa della mia donna?» chiede in sintesi Wolverine. «La sua donna?» si chiede Pugno d'acciao, «Misty mi aveva detto una cosa diversa. Jean ama Scot Summers. Chi è 'sto pazzo?» Ah, Pugno d'Acciaio nota anche un'altra cosa: Wolverine gli ricorda Sabrethoot, il violento cattivo che aveva incontrato per la prima volta nel numero precedente. Altra crazione di Claremont e Byrne e artigliato e animalesco pure lui, Sabretooth diventerà negli anni a venire la nemesi di Wolverine. «C'è un collegamento?» si chiede Rand. Questo è solo l'inizio di un tormentone che durerà decenni! Diavolo di un Claremont! Durante la zuffa Wolverine viene scaraventato giù da una finestra dell'appartamento e viene salvato "al volo" da Nightcrawler che, con Colosso, stava raggiungendo la festa. Un tuffo da un palazzo avrebbe potuto uccidere l'X-Man, riprova del fatto che forse il suo scheletro di adamantio non era ancora stato nemmeno pensato. La battaglia coinvolge così tutti gli X-Men. Dopo un po' arriva infatti anche Tempesta che al tempo disponeva del potere presto dimenticato di cambiasi d'abito sfruttando i suoi poteri. La splendida Ororo, col suo vestito da sera mozzafiato, si prende una torta in faccia! Il tempo, inevitabilmente, cambia come l'umore di Tempesta. Fulmini e saette riempiono il cielo.

Una splendida Tempesta in abito da sera arriva alla festa a casa di Jean. E qualcuno le rovina la serata (da Iron Fist n°15)
Pugno d'Acciaio viene fermato dagli X-Men. Chiede di parlare, ma Wolverine non parla, lui agisce. Fortuna che arriva Fenice... (da Iron Fist n°15)
Interviene anche Banshee e l'appartamento viene letteralmente devastato. Il povero Pugno d'Acciaio se la vede brutta. Viene fermato e Wolverine sfoggia i suoi artigli trapassando la maschera del maestro delle arti marziali. Lo salva Jean Grey, nelle vesti di Fenice, appena tornata dalla spesa con Scott. La ragazza non è contenta. Wolverine si giustifica dicendo di aver sorpreso uno scassinatore che si voleva introdurre nella casa. «Tu sei pazzo Wolverine! Non è uno scassinatore! E' il miglior amico della mia compagna di stanza!» arringa una furiosa Jean. Scott chiede spiegazioni anche a Tempesta: lei è imbarazzatissima e balbetta qualcosa di poco comprensibile. Dopo una probabile lavata di capo da parte di Ciclope, la storia si chiude con la tanto sospirata festa. Il padrone di casa è furioso con Jean. Fortuna che il complesso è in realtà di proprietà della società del ricco Danny Rand che riesce a sistemare la faccenda. Ci sono molti lavori da fare, ma Jean ha individuato un volontario per dare una pulita: Wolverine, ovviamente, che dopo l'immane figuraccia deve far buon viso a cattivo gioco e ingoiare il rospo!

La stupenda tavola finale di Iron Fist n°15

Una storia fantastica e divertente che entra di diritto tra le migliori dei primi X-Men. Gli autori si concedono, come era costume e come avevano già fatto in passato nelle pagine della collana X-Men, un cameo nella tavola finale. Compaiono infatti, tra gli invitati alla festa, John Byrne, Dave Cockrum (autore della copertina) e sua moglie Paty, colorista alla Marvel. Non confermato, ma uno dei barbuti che compaiono nella tavola dovrebbe essere Chris Claremont.

La saga mutante continua nel numero 110 della collana madre con una storia che, sebbene scritta da Chris Claremont, è a tutti gli effetti un fill-in, un riempitivo, ma nonostante queste offre qualche spunto interessante.[3] X-Chris non si lascia scappare l'occasione per qualche vignetta di riflessione e di approfondimento pur in una storia di modesta qualità. Nelle prime tavole si vedono gli X-Men al completo in un momento di divertimento collettivo: una bella partita a baseball, giocata però con le loro regole che prevedono, se necessario, qualche "trucchetto". Wolverine finisce per perdere un punto e viene preso in giro dagli altri. Naturalmente lui non la prende bene e ancora una volta bisticcia un po' con Ciclope. Jean cerca di consolarlo e le riflessioni del burbero mutante sono ancora rivolte, come nella storia con Iron Fist, alla sua passione per la rossa X-Woman.

Wolverine non riesce a non struggersi per Jean (da X-Men n°110, aprile 1978)
Un altro momento di interesse della storia avviene quando Wolverine, durante la battaglia contro Sparviero, il nemico di turno, afferma di essere stufo di prenderle sempre e ricorda le batoste contro Magneto e contro l'alieno Jahf. Inoltre alla fine della storia Wolverine dimostra un inedito senso di cameratismo e di attaccamento agli X-Men.

Uno per tutti e tutti per uno, nella versione di Wolverine (da X-Men n°110)
Continua nella sesta parte.

Note
[1] Il numero 109 della collana X-Men (data di copertina febbraio 1978)  fu pubblicato in Italia nei numeri 216 e 217 del quattordicinale Thor e i Vendicatori dell'Editoriale Corno (agosto 1979).
[2] Il numero 15 della collana Iron Fist (data di copertina settembre 1977)  fu pubblicato in Italia nel numero 50 del mensile in bianco e nero Shang-Chi. Maestro del Kung Fu dell'Editoriale Corno (giugno 1979). La storia è stata ristampata nel volume Marvel Omnibus. Iron Fist di Chris Claremont e John Byrne da Panini Comics (giugno 2014)
[3] Il numero 110 della collana X-Men (data di copertina aprile 1978)  fu pubblicato in Italia nei numeri 217, 218 e 219 del quattordicinale Thor e i Vendicatori dell'Editoriale Corno (agosto, settembre 1979).

giovedì 14 aprile 2016

La morte di Wolverine. L'evoluzione del personaggio Marvel che ha cambiato il mondo dei supereroi (4)

La terza parte è qui.


Fenice in un disegno di Adam Hughes

Come una fenice, dalle ceneri
Jean Gray non muore, se la cava, o meglio, risorge dalle ceneri e diventa Fenice. E il mondo dei super-eroi della Marvel non sarà più lo stesso.
Gli X-Men, grazie al suo sacrificio, si salvano e lo Starcore riesce bene o male a riportarli vivi a terra. Ok, l'aeroporto di New York viene devastato per la seconda volta in poche settimane dal loro passaggio, ma se la cavano.
Jean finisce in ospedale e Chris Claremont ne approfitta per uno dei suoi tipici momenti di pausa tra una battaglia e l'altra, momenti di riflessione durante i quali i personaggi vengono rimessi a fuoco, vivono qualche momento di normalità e narrativamente ciò consente all'autore, e di conseguenza ai lettori, di riprendere confidenza con il carattere, saggiare l'umore e esplorare i pensieri dei protagonisti. La storia contenuta nel numero 101 della serie inizia quindi col botto, ma poi si placa. Gli X-Men sono al capezzale della loro amica, che non è ancora fuori pericolo, e l'autore ce li mostra, come sovente fa, in un clima familiare, di amicizia, pur nella sofferenza e nel timore per la sorte di Jean. Toccanti le scene dedicate al povero Scott che riflette sul suo rapporto con l'amata e sul suo ruolo nel gruppo.[1]

Un romantico Wolverine acquista dei fiori per la povera Jean ricoverata in ospedale (da X-Men n°101, ottobre 1976)

Wolverine arriva, per la prima volta lo si vede con il suo cappellaccio da cowboy che sarà parte integrante della sua mise, e compra dei fiori per Jean. Che romanticone! Ha capito che la ragazza gli interessa e la vuole. Impacciatissimo si accorge che i suoi compagni l'hanno anticipato, sono già tutti lì in attesa, in silenzio, aspettando notizie. E' palpabile il suo disagio, ma anche la scoperta che gli X-Men sono una famiglia di cui non si è ancora reso totalmente conto di far parte. Riesce comunque a litigare con qualcuno, in questo caso con Xavier che decide di mandare in ferie la squadra. Il professore ha i suoi problemi con gli incubi che gli provoca Lilandra (lo si scoprirà tra qualche numero) e vuole poter accudire Jean senza i nuovi X-Men tra i piedi.

Così Wolverine, Nightcrawler, Colosso e Tempesta seguono Banshee che ha ereditato un castello nella natia Irlanda. In una serrata sarabanda di avventure i cinque compagni si battono contro il Fenomeno, fratellastro di Charles Xavier, e il suo compare Black Tom Cassidy, cugino di Sean.[2] Poi scoprono cosa fa davvero nella vita Moira e visitano l'Isola di Muir, sede di un complesso di ricerca sui mutanti gestito dalla presunta governante. La base, situata nel nord della Scozia, serve anche da prigione per alcuni pericolosi mutanti. A Muir i nuovi X-Men si battono contro Magneto, l'arcinemico storico del gruppo, e lo scontro non finisce molto bene. Il signore del magnetismo ha vita facile contro gli artigli metallici di Wolverine e contro il corpo di acciaio organico di Colosso. Alla fine gli X-Men, soccorsi da Ciclope, devono ritirarsi. Ne deriva un altro litigio fra il burbero canadese e l'intrepido capo.[3] Dietro le quinte le manovre di Eric il Rosso, il personaggio misterioso che ha reso suoi schiavi Havok e Polaris nel numero 97, proprio mentre sulla Terra è in arrivo la protagonista dei ricorrenti incubi di Xavier..

Magneto si sbarazza facilmente di Wolverine agendo sulle sue lame metalliche (da X-Men n°104, aprile 1977)

Da notare che il potere magnetico di Magneto ha effetto solo sugli artigli di Wolverine e non sul suo corpo, a differenza di quanto accade con il suo compagno siberiano. Questo fa pensare che gli autori non avessero ancora immaginato lo scheletro dell'X-Man canadese ricoperto di adamantio. In effetti in tutti gli scontri avvenuti sinora nulla lascia intendere che Wolverine possieda una resistenza particolare agli attacchi fisici se non quella di di un uomo particolarmente allenato e fisicamente robusto. Inoltre l'adamantio è un metallo ferromagnetico, quindi manipolabile dai poteri di Magneto. La natura dell'adamantio non è stata mai del tutto chiara (è un elemento, una lega ferrosa, un particolare acciaio?), ma di certo gli autori Marvel non sono dei fini conoscitori di fisica e chimica.

Logan
Nel castello di Sean Cassidy, durante la lotta con Black Tom e il Fenomeno, Wolverine incontra Padraic, uno degli abitanti "segreti" del maniero che, da un'altra parte, stanno aiutando Nightcrawler. E' un leprechaun, una sorta di gnomo tipico del folklore irlandese. Il dialogo tra i due è spassoso, anche se di difficile resa in italiano, tanto è vero che la prima traduzione del'Editoriale Corno non era il massimo, ma è fondamentale per la storia del nostro mutante artigliato. «Credo di potervi aiutare, Mr. Logan» dice il piccolo omino. Come Mr. Logan? Per la prima volta scopriamo il nome di Wolverine. Nome o cognome? Bho, questo ancora non viene rivelato. Sono passati quasi due anni da quando il canadese era stato fatto esordire negli X-Men e finalmente si scopre come si chiama.

Il surreale dialogo tra Wolverine e il leprechaun Padraic (da X-Men n°103, febbraio 1977)

Come facesse Padraic a saperlo rimane un mistero, ma è un espediente narrativo che Claremont usa e risolve con lo scambio di battute successivo. «Come fai a sapere il mio nome?» chiede Wolverine basito. «Noi del piccolo popolo sappiamo un mucchio di cose.» è la risposta. E l'X-Man parlando in terza persona con un mezzo gioco di parole: «Il wolverine (cioè il ghiottone) non crede ai leprechaun!». Sagace la battuta dello gnomo: «Forse i leprechaun non credono ai wolverine (cioè ai ghiottoni) parlanti?»
Questo è comunque solo un accenno a uso dei lettori perché la questione del nome Logan rimarrà ancora sostanzialmente celata, infatti gli altri X-Men non lo scoprono in queste vignette, ma lo faranno molto tempo dopo.

Nello spazio, in una galassia lontana, lontana...
Nel numero 105 della serie prendono corpo alcune sotto-trame iniziate da Claremont nei due anni precedenti e tutte convergono verso la grande avventura spaziale che coinvolgerà gli X-Men nei numeri seguenti. Si scopre che Eric il Rosso è un agente di D'Ken, l'imperatore folle degli Shi'Ar, che vuole fermare sua sorella Lilandra, la vera pretendente al trono e per questo ribelle. La bella aliena è fuggita sul nostro pianeta per cercare l'aiuto di Xavier e fino a quel momento i loro incontri erano avvenuti nei sogni del professore. Ora lei arriva e i due si incontrrano. Si accende la scintilla e Charles e Lilandra si innamorano. All'inizio si mette in mezzo Firelord, araldo di Galactus al posto di Silver Surfer e personaggio notoriamente attaccabrighe e poco incline al dialogo. E' l'occasione per vedere all'opera Fenice con i suoi nuovi giganteschi e spaventosi poteri. Nella stupenda avventura nel pianeta dove D'Ken è in procinto di spazzar via l'universo senza che i suoi se ne rendano ben conto, gli X-Men incontrano i Predoni Stellari, il gruppo di pirati guidato da Christopher "Corsaro" Summers, che si scoprirà in seguito essere il padre di Scott. Poi la Guardia Imperiale, un gruppo di super-esseri spaziali alle dipendenze della corona Shi'Ar che Dave Cockrum ha modellato esplicitamente sui personaggi della sua Legione dei Super-Eroi e su altri noti e meno noti personaggi DC Comics. Insomma una montagna di novità e nuovi personaggi che consentiranno a Claremont e ai suoi collaboratori di scrivere storie per anni e anni.

Dopo un mezzo fill-in nel numero 106 realizzato da Bob Brown, talentuoso disegnatore che morì prima della pubblicazione dell'albo, arrivò l'ultima storia di Dave Cockrum nel numero 107.[4] Il bravo disegnatore si scatenò in queste ultime tavole e sfornò un mare di nuovi personaggi e citazioni che furono il suo ultimo lascito alla serie. La saga spaziale venne completata da John Byrne che diventò così il disegnatore regolare degli X-Men. Vedendosi accreditato anche come autore dei testi, Byrne rimase con i mutanti diversi anni contribuendo in modo decisivo al loro successo.[5]

La prima grande saga spaziale degli X-Men è fenomenale. Tra l'altro, grazie alle intuizioni di Cockrum e di Claremont, anticipò di mesi l'uscita del film Guerre Stellari che avvenne alla fine di maggio del 1977 e soprattutto portò in dote all'Universo Marvel una splendida razza aliena da affiancare ai classici Skrull e Kree, con i suoi pittoreschi personaggi, le sue avventure e i suoi intrighi.

La storia finisce bene, Jean "Fenice" Grey, coi suoi incredibili poteri, riesce a mettere a posto il tessuto dell'universo danneggiato dalle sconsiderate manovre di D'Ken con l'aiuto dello spirito dei suoi compagni. Solo che Lilandra, che pure aveva ragione, non può aspirare al trono perché giudicata comunque una traditrice e viene di fatto esiliata sulla terra. Ottimo, così lei e Xavier potranno stare insieme.

Il più brutto costume della storia dei super-eroi?
Il ghiottone canadese partecipa a tutta la saga, ma al centro della storia c'è ancora una volta Jean che come Fenice ne è la protagonista indiscussa. Novità di rilievo fu il tentativo di Cockrum di cambiare il costume di Wolverine. Il disegnatore, a quanto pare, non amava particolarmente il personaggio. E questo è forse uno dei motivi per qui nei primi due anni di vita dei nuovi X-Men Wolverine rimase sempre un po' nell'ombra. Cockrum, prima di andarsene, voleva evidentemente marchiare il personaggio donandogli un nuovo aspetto. Durante la battaglia con la Guardia Imperiale Wolverine si ritrova mezzo nudo e allora decide di rubare l'uniforme a Fang, uno dei guardiani comandati da Gladiatore.
Wolverine attacca Fang...
... e si impossessa del suo costume (da X-Men n° 107, ottobre 1977)
Il costume di Fang sembra ispirato, almeno nei colori, a quello di un personaggio comparso sulle storie di Superboy e la sua Legione all'epoca in cui Cockrum era il disegnatore della serie. Timber Wolf, a quanto si può notare, fu di ispirazione anche per dare il volto a Wolverine, in particolare nel taglio dei capelli.
Timber Wolf nella versione di Dave Cockrum (da Superboy starring the Legion of Super-Heroes, n°197, settembre 1973)
Cockrum aveva decisamente una predilezione per i costumi dei super-eroi un po' bizzarri e sgargianti. Ne realizzò comunque di notevoli, nonostante quello di Fang sia orrendo. Il migliore in assoluto, insieme a quelli di Tempesta e forse di Fenice, fu quello super-sexy che realizzò per Ms. Marvel all'epoca in cui lavorava con Claremont alla poco fortunata serie della bellissima Carol Danvers.
Il costume di Fenice appena risorta... (da X-Men n°101, ottobre 1976)

...e quello nuovo di zecca di Ms. Marvel che sostituì l'originale con il gonnellino (da Ms. Marvel n°20, ottobre 1978). Con questa mise Carol Danvers è sempre stata considerata una delle eroine più sexy della storia della Marvel







Continua nella quinta parte.

Note
[1] Il numero 101 della collana X-Men (data di copertina ottobre 1976)  fu pubblicato in Italia nel numero 123 del quattordicinale Capitan America dell'Editoriale Corno (dicembre 1977).
[2] I numeri 102 e 103 della collana X-Men (data di copertina dicembre 1976 e febbraio 1977)  furono pubblicati in Italia nei numeri 125, 126 e 127 del quattordicinale Capitan America dell'Editoriale Corno (gennaio, febbraio 1978).
[3] Il numero 104 della collana X-Men (data di copertina aprile 1977)  fu pubblicato in Italia nei numero 127 e 128 del quattordicinale Capitan America dell'Editoriale Corno (marzo 1978), gli ultimi della rivista.
[4] I numeri 105, 106 e 107 della collana X-Men (data di copertina giugno, agosto e ottobre 1977)  furono pubblicati in Italia nei numeri dal 210 al 214 del quattordicinale Thor e i Vendicatori dell'Editoriale Corno (aprile-giugno 1979).
[5] Il numero 108 della collana X-Men (data di copertina dicembre 1977)  fu pubblicato in Italia nei numeri 214 e 215 del quattordicinale Thor e i Vendicatori dell'Editoriale Corno (giugno, luglio 1979).

mercoledì 13 aprile 2016

La morte di Wolverine. L'evoluzione del personaggio Marvel che ha cambiato il mondo dei supereroi (3)

La seconda parte è qui.


Buon Natale X-Men! Un momento di relax prima della tempesta. Per la prima volta i nuovi X-Men in borghese (da X-Men n°98, aprile 1976)
Che capelli!
Nel numero 98 della collana X-Men inizia una lunga e intensa storia che culminerà nel celebrativo numero 100, ma che raggiungerà il suo apice nelle prime pagine del successivo con la nascita di uno dei personaggi più importanti di tutta l'epopea mutante, la straordinaria Fenice.[1]

Il vero volto di Wolverine. Burbero come sempre (da Capitan America n°120, Editoriale Corno)
La prima grande novità è già nella splash page del numero 98, una simpatica scena natalizia nella quale si vedono per la prima volta i nuovi X-Men in borghese. Kurt Wagner, grazie al marchingegno noto come "induttore di immagini", nasconde le sue fattezze da elfo blu e appare come un sosia di Errol Flynn, Sean e Moira iniziano a fare coppia fissa, Jean Grey e Scott si comportano come una coppia di fidanzati e Colosso e Kurt dimostrano un certo interesse per le belle ragazze (una di queste è Amanda Sefton, personaggio di cui si sentirà parlare molto in seguito).

Parlando di Wolverine non si può non notare che la sua prima versione senza maschera è quella che in sostanza rimarrà invariata per decenni. In particolare i capelli con i due lunghi ciuffi all'indietro, vagamente "aerodinamici", che ricalcano le appendici del suo copricapo da battaglia (che in realtà dovrebbero simulare le orecchie del ghiottone, o comunque di una belva feroce). Poi i lunghi basettoni e la sigaretta alla Clint Eastwood versione "Biondo" (Il buono, il brutto e il cattivo) e la truce faccia da bullo. Decisamente fuori posto è l'attaccatura dei capelli sulla fronte, che ricorda vagamente certi personaggi dei manga: una via di mezzo tra Astro Boy e Sonic in una non voluta anticipazione del Wolverine "giapponese" che impareremo a conoscere. In realtà dovrebbe simulare un minimo di stempiatura o dare al volto un aspetto più deciso, ma il risultato non è ancora soddisfacente. Nella nuova caratterizzazione grafica di Cockrum, Wolverine appare decisamente adulto, si capisce che ha già i suoi anni alle spalle, non è un giovincello di primo pelo.
Chris Claremont, in mezzo a storie già drammatiche e coinvolgenti, inizia a utilizzare gli elementi in stile soap opera che caratterizzeranno la sua lunga gestione dei mutanti X e che in parte ne faranno la fortuna. Cockrum si diverte con le citazioni facendo apparire, in mezzo alla folla che passeggia sotto la neve al Rockefeller Center, personaggi Marvel come Nick Fury e la sua compagna, la contessa Valentina Allegra de la Fontaine, ma anche persone vere come i creatori degli X-Men e di gran parte dell'Universo Marvel, Stan Lee e Jack Kirby. Scene di allegra spensieratezza che sono solo il prologo a una delle storie più drammatiche mai lette.

La bella e la bestia (la rossa e il ghiottone)
Gli X-Men vengono attaccati dalle Sentinelle di Stephen Lang. Un gruppo viene catturato e trasportato sulla vecchia stazione spaziale dello S.H.I.E.L.D. riconvertita in base per la nuova generazione di Sentinelle. Un altro gruppo si imbarca sullo Starcore, uno Space Shuttle sperimentale, per una disperata missione di soccorso grazie all'aiuto del dott. Peter Corbeau, un vecchio amico di Xavier. E' interessante notare che Cockrum utilizzò lo Space Shuttle nel 1976 quando nella realtà il volo inaugurale della celebre navetta spaziale nella NASA avvenne solo nel 1981. Peraltro Claremont aveva già usato Corbeau e la sua navetta nel 1972 in una storia di Hulk.

Stephen Lang colpisce Jean Grey e Wolverine si infuria. Per la prima volta si vedono gli artigli dell' X-Man uscire dal dorso delle mani. Ancora non sanguina come succederà in futuro. (da X-Men n°98, aprile 1976)

Per quanto riguarda Wolverine, la parte più interessante della storia si svolge a bordo della stazione spaziale dove Jean, Wolverine, Banshee e il prof. X sono prigionieri. In un dialogo tra Stephen Lang e uno dei suoi uomini si scopre che le Sentinelle hanno individuato la natura mutante del canadese, ma le analisi su di lui danno risultati contrastanti. Il mistero si infittisce. E' o non è un mutante? La seconda cosa che si scopre è che gli artigli gli escono dal dorso delle mani e non sono integrate nei guanti o nel costume giallo-blu come fino a quel momento si poteva immaginare. Nemmeno i suoi compagni lo sapevano. Peraltro è evidente che nessuno si sarebbe sognato di chiedergli qualcosa... Il tutto è condito da una gustosa scena tra Wolverine e la rossa Jean che è l'inizio di uno dei grandi tormentoni della serie, l'amore del canadese per la potente telecineta, il loro tormentato rapporto, che però non si realizzerà mai compiutamente, e il triangolo con Scott, fidanzato di Jean. Pennellate rosa in una mondo tutto nero e fosco. La terza grande novità sul ghiottone è che per la prima volta lo si vede sorridere.

Gli X-Men, e i lettori, apprendono che gli artigli di Wolverine non sono appendici esterne, ma sono "dentro" di lui. Il ghiottone aiuta la bella Jane a stare più comoda. Wolverine sorride, mai visto prima (da X-Men n°98, aprile 1976)

Nel numero 99 la storia continua piena di azione e scontri ma è solo l'antipasto per il 100° numero della collana mutante che presenterà ovviamente una sorpresa. Dalla terra arriva la cavalleria sullo Shuttle di Corbeau e così Lang sembra sconfitto. Ma ha un asso nella manica, gli X-Man originali! La vecchia, esperta e collaudata squadra di Xavier contro le nuove, inesperte e disarticolate reclute. I nuovi sono perplessi e si trattengono. Tempesta non capisce perché Jean ce l'abbia con lei, in quei primi mesi erano diventate amiche. La storia è una delle più belle tra quelle disegnate da Dave Cockrum.

X-Men contro X-Men. La spalsh page di X-Men 100

Se le danno di santa ragione per un bel pezzo, ma è proprio Wolverine che risolve la battaglia. Attacca Marvel Girl e la squarta con le sue lame sotto lo sguardo attonito dei suoi compagni. «Pazzo maniaco omicida!» gli dicono. Ma ha ragione lui: non si tratta di Jean Grey, ma di un robot, una versione avanzata delle Sentinelle realizzata sulle fattezze degli X-Men originali dei quali sono replicati i poteri. Della Marvel Girl fasulla rimane infatti solo un grumo di ferro e di circuiti elettrici. In breve le sorti dello scontro volgono a favore dei veri X-Men. La fine della storia è commovente e drammatica. Lo Shuttle è danneggiato e tornare sulla terra non sembra semplice, complice anche una tempesta solare che può portare solo problemi. Jean decide di sacrificarsi: solo lei può guidare la navicella a terra e salvare gli altri. La scena dell'addio a Scott e a Ororo è toccante. Anche Wolverine, con il suo consueto tatto, cerca di convincere la ragazza a desistere dal suo proposito, ma Jean non è in vena di discussioni. Il faccia a faccia tra i due è davvero epico.

Jean Grey si sacrifica per salvare gli X-Men, Wolverine cerca di dissuaderla, ma la rossa non è proprio dell'umore giusto  (da Capitan America n°122, Editoriale Corno, dicembre 1977)

L'ultima tavola, con l'apparente morte della coraggiosa X-Woman, è un piccolo capolavoro fumettistico. E' lei la vera protagonista di questa bellissima storia e si capisce perché Claremont avesse deciso di rimetterla in pista. Il cast di personaggi che gli era stato consegnato da Len Wein prevedeva una sola figura femminile nella squadra, quella Tempesta che era tutta da esplorare e in realtà da costruire. Jean Grey è già un personaggio tridimensionale, formato, di grande spessore e personalità. Sarà lei il fulcro di tutta la prima lunghissima fase che porterà la serie mutante in cima alla vetta del fumetto supereroistico americano.

La fine di Jean Grey sommersa dalla tempesta solare mentre cerca di portare in salvo i suoi amici. Il suo ultimo pensiero è per l'amato Sott (X-Men n°100)

La lunga storia consente a Claremont di approfondire tutti i personaggi. Con maestria, in poche e sintetiche vignette, riesce a mettere a fuoco la personalità di tutti i nuovi X-Men. Ma è soprattutto Wolverine che ne esce trasformato. Per la prima volta è protagonista e decide le sorti dello scontro. Attacca e "uccide" la Jean-Sentinella perché i suoi sensi lo avvisano che si tratta di un falso. Il suo cervello è bloccato dai poteri telepatici della X-Sentinella e allora si affida all'istinto animale. Lui conosce Jean (non ci è ancora stato rivelato che ne è innamorato, forse Claremont non l'aveva ancora deciso), l'ha toccata, l'ha ascoltata, ha sentito il suo odore pochi minuti prima e allora capisce: «Tu non sei Jean Grey!»

Wolverine manifesta i suoi istinti animali a attacca la X-Sentinella con le sembianze di Marvel Girl (da Capitan America n°122, Editoriale Corno, dicembre 1977)

C'è da dire che forse il sospetto poteva venire anche agli altri: Ciclope un minuto prima era lì e la sua versione robotica indossa il vecchio visore di quarzo-rubino e non quello nuovo e più elegante che Scott ha iniziato a usare in Seconda Genesi, Jean era lì anche lei con un vestito da sera stracciato, mentre la Jean robotica ha il vecchio e sexy costume e oltretutto ha i capelli lisci.
Comunque, l'autore lascia intendere che qualcosa dei misteriosi poteri mutanti di Wolverine sia legato a dei sensi iper-sviluppati. Sensi animaleschi, da predatore, come il ghiottone di cui porta il nome. Un cacciatore che non si fida solo dell'aspetto esteriore, ma riesce a percepire le sfumature. Questo è il nuovo Wolverine che X-Chris battezza in questa storia.

Continua nella quarta parte

Note
[1] I numeri 98, 99 e 100 della collana X-Men (data di copertina aprile, giugno e agosto 1976) furono pubblicati in Italia nei numeri 120, 121 e 122 del quattordicinale Capitan America dell'Editoriale Corno (novembre-dicembre 1977)