giovedì 25 gennaio 2018

La morte di Wolverine. L'evoluzione del personaggio Marvel che ha cambiato il mondo dei supereroi (11)

La decima parte è qui.
Una bella rivisitazione di Giorni di un futuro passato fatta da Arthur Adams.

Il futuro è qui?
I numeri 141 e 142 della collana mutante pubblicati all'inizio del 1981 contengono Giorni di un futuro passato, ultima e tra le più celebri saghe sviluppate dal duo Chris Claremont-John Byrne.[1] Una chiara dimostrazione dell'arte dei due autori, tanto importante da aver ispirato uno dei film di Bryan Singer dedicati agli X-Men, 34 anni dopo.

La copertina di X-Men n° 141. Un Logan invecchiato affronta da par suo i pericoli dei Giorni di un futuro passato

La storia è complessa e ha risvolti narrativi che consentirono successivamente sviluppi inimmaginabili: Kate Pryde, la versione adulta di Kitty, viene trasportata mentalmente nel presente e si impossessa del corpo della  giovanissima X-Woman. Il futuro da cui proviene, trent'anni in avanti nel tempo (siamo quindi ipoteticamente nel 2010) è un disastro: il Nord America è dominato dalle Sentinelle che hanno praticamente sterminato i mutanti e i super-eroi. I pochi e invecchiati X-Men superstiti - tra di loro un malandato Magneto in sedia a rotelle, un'anticipazione del personaggio "buono" sviluppato anni dopo da Claremont - lottano come possono contro i dominatori robotici. Grazie ai poteri di Rachel, la figlia di Scott e Jean, mettono in pratica un piano disperato: vogliono evitare che nel loro passato avvenga l'evento che ha scatenato tutto, cioè l'assassinio avvento alla viglia di Ognissanti del 1980, da parte della Confraternità dei Mutanti Malvagi guidata da Mystica, del senatore Robert Kelly, politico spaventato dalla presenza dei mutanti che vorrebbe limitarne la diffusione creando proprio una nuova e più letale versione delle Sentinelle. Così Kate, nel corpo della sua controparte adolescente che vive nel presente, riesce ad avvisare in anticipo gli X-Men che, dopo una lunga e scatenata lotta piena di risvolti drammatici, salvano la vittima predestinata e cambiano così il corso della storia. Ma il futuro cambierà davvero? E' una domanda senza risposta, come avviene sempre nelle storie che usano l'artificio narrativo dei paradossi spazio-temporali. Sicuramente cambia il futuro di "questi X-Men", quelli che vivono nella nostra dimensione dell'Universo Marvel e più precisamente nella dimensione codificata come Earth-616, la "nostra" Terra. Kelly costruirà ugualmente le Sentinelle, ma anni e anni di storie successive resero evidente che il futuro da cui proviene Kate non è lo stesso in cui si svolgono le vicende degli eroi Marvel.
Ma è la presenza di Rachel che provocò molti mal di testa agli autori e ai lettori. La ragazza, si apprende nella storia, è la figlia di Scott "Ciclope" Summers e di Jane "Fenice" Grey. Il problema è che sua madre, nel presente, è morta da qualche mese, senza dare alla luce figli, anzi, senza nemmeno avere il tempo di sviluppare il suo rapporto affettivo con Scott. Perché Claremont incappò in una così vistosa incoerenza? La risposta è probabilmente da ricercare nei piani che l'autore aveva per il futuro dei suoi personaggi dopo la Saga di Fenice Nera, storia che, come sappiamo, fu modificata all'ultimo momento. Jane non sarebbe dovuta morire ed è pensabile che l'autore avesse in mente, come peraltro accennato in diverse occasioni attraverso interviste e dichiarazioni, di far uscire dagli X-Men sia Ciclope (cosa che in effetti avvenne) che Jane. I due poi avrebbero avuto tutto il tempo di sposarsi e vivere felici e contenti e, perché no, di mettere al mondo una bella bimba dai capelli rossi dotata di incredibili poteri mutanti. Probabilmente Claremont aveva già in mente la saga futuristica e scrivendola decise di non rinunciare al suo nuovo personaggio, nonostante fosse evidente che Rachel non poteva essere la figlia della "nostra" Jane, ma di una versione alternativa in cui, oltre al compiersi dell'assassinio del senatore Kelly, la X-Woman aveva avuto il tempo far nascere una figlia. E' ovvio che al tempo non si poteva sapere che Jane Grey sarebbe risuscitata editorialmente anni dopo per opera proprio di John Byrne, con una mossa scellerata che mise in crisi tutta la time-line e la coerenza narrativa della saga mutante.

Rachel come membro degli X-Men in una copertina di Chris Bachalo

In questa prima apparizione Rachel fu solo abbozzato come personaggio, ma era già chiaro il suo enorme potenziale: un'infanzia molto dura e piena di dolore e di sensi di colpa, in un mondo spietato e senza speranza. Ma anche di poteri straordinari che la rendevano narrativamente stuzzicante. Claremont la rimise in pista anni dopo, facendola arrivare fisicamente nel presente dal suo terribile futuro e rendendola per molto tempo un membro fisso degli X-Men per poi farla nuovamente e inopinatamente sparire. In seguito però la fece esordire nella serie di Excalibur, lo splendido spin-off mutante realizzato col grande Alan Davis. Tormenti personali, assurdi paradossi spazio-temporali e una bellezza straordinaria resero Rachel, che in seguitò assunse il ruolo di Fenice - come sua madre -, uno dei personaggi più interessanti del panorama mutante.

Buon vecchio Wolverine!
Il ruolo del ghiottone non è il principale in questa saga (anche se a lui sono dedicate tutte e due le copertine degli albi originali in cui fu pubblicata). Dopo l'avventura canadese che fece un po' di luce sul suo passato (ma anche sul suo futuro) i riflettori sono tutti per Kitty e per il gruppetto di nuovi personaggi introdotti da Claremont. Ma tra le pieghe della storia emergono alcuni aspetti fondamentali che riguardano Logan e la sua natura mutante. Nel futuro di Rachel e Kate il canadese appare invecchiato, ancora burbero e poco accomodante, ma nelle poche vignette a lui dedicate iniziano prepotentemente a delinearsi alcune delle caratteristiche che lo renderanno uno dei personaggi di maggior successo della Marvel, tanto da ispirare il Wolverine interpretato da Hugh Jackman nei film degli anni duemila. Un Wolverine senza costume, ormai è passato il tempo di giocare ai super-eroi per gli abitanti della New York dominata dalle Sentinelle, con il suo iconico giubbotto di pelle col pelo e un'aria quanto mai rude e un po' stralunata.[2]

 La morte di Wolverine. La prima di tante... (copertina di The Uncanny X-Men n°142)

Nel mondo dei Giorni di un futuro passato Wolverine muore, con Ororo e Colosso non fa in tempo a vedere l'auspicato ritorno di Kate dalla sua missione. Viene incenerito da una Sentinella, lottando per difendere i suoi cari, come forse è sempre stato il suo destino. Ciò che rimane di lui è solo il suo scheletro di adamantio che per la prima volta ci viene mostrato per intero in una macabra rappresentazione. Quindi è vero, Wolverine ha davvero uno scheletro metallico oltre agli artigli affilati che gli escono dagli avambracci.

Il Wolverine del futuro viene incenerito da una Sentinella. Ne rimane solo lo scheletro in adamantio e Tempesta e Colosso, prima di subire la stessa sorte, osservano attoniti i resti del loro compagno (da The Uncanny X-Men n°142)

Ancora più importante è però una scena che si svolge nel presente, durante la lotta contro la Confraternita di Mystica per il salvataggio del senatore Kelly (che, per inciso, verrà salvato proprio da Kate nel corpo di Kitty).
Wolverine lotta contro Pyro, mutante capace di controllare il fuoco, e rischia seriamente di essere incenerito dal mostro pirotecnico creato dall'avversario (come capita invece alla sua controparte futura incenerita dalla Sentinella), ma viene salvato da Tempesta che interviene generando pioggia e vento: «anche con il suo potere di guarigione veloce, Wolverine non può resistere a lungo a quella fiamma...  » (il corsivo è nel testo della didascalia). Se la cava, seppur bruciacchiato e dolorante, anche grazie alle molecole instabili del suo costume e, sorpresa, dal suo «potere di guarigione veloce». Le "molecole instabili" del costume sono un vecchio trucco narrativo escogitato addirittura da Stan Lee e Jack Kirby ai tempi dei primi Fantastici Quattro per consentire a Reed Richards di allungarsi a piacimento, a Susan Storm di rendersi davvero invisibile e alla Torcia Umana di non restare nudo ogni volta che pronunciava il grido di battaglia «Fiamma!» Anche Claremont di tanto in tanto ne ha fatto uso, ma fortunatamente con parsimonia. Invece il "potere di guarigione" è una mezza novità. Finalmente, dopo anni di incertezza, di frasi abbozzate, di indizi mai sviluppati, ci viene chiarito qual è la natura mutante di Wolverine. Fino ad allora, basti pensare alla storia in Canada nei numeri precedenti, Wolverine era dotato di sviluppatissimi sensi animaleschi, da predatore, simili a quelli del ghiottone da cui prende il nome, e di uno scheletro metallico in grado di resistere pressoché ad ogni colpo. Anni prima ci era stato detto che Wolverine "guarisce in fretta", ma poco altro che desse ragione del suo essere un mutante. Serviva qualcosa di più, un super-potere che lo mettesse in qualche modo alla pari dei suoi colleghi X-Men, tutti dotati di capacità straordinarie spesso problematiche, che desse quindi un senso compiuto e coerente al suo essere un membro degli X-Men. Semplicemente Len Wein e Dave Cockrum, nella Seconda genesi, si erano "dimenticati" di spiegare perché Wolverine fosse stato arruolato negli X-Men come mutante. In questa storia Claremont chiude la lunga ricerca di un vero ruolo per Wolverine all'interno della saga mutante. Ci sono voluti quasi sei anni... Lui è un ex-soldato, un ex-agente segreto, un ex di probabilmente tante cose, dal passato misterioso e tutto da raccontare; gli hanno impiantato uno scheletro di adamantio per renderlo un soldato ancor più pericoloso e potente, dotato di artigli mortali dello stesso metallo, capaci di uccidere e fare a pezzi gli avversari. La perfetta macchina assassina. Ma è anche un mutante, dotato di sviluppatissimi sensi e di un istinto animalesco in grado di superare quelli di un comune uomo, e di un potere di guarigione che gli permette di affrontare le lotte più sanguinose uscendone magari malconcio ma vivo.

Wolverine si salva grazie al suo potere di guarigione. Fa male, ma almeno è vivo! (da The Uncanny X-Men n°142)

E' una rivelazione capitale che nel seguito della sua storia editoriale permetterà di sviluppare ancora il personaggio. Ad esempio il potere di guarigione permette di spiegare come sia stato possibile impiantare nel suo corpo lo scheletro di adamantio senza ucciderlo. Ma anche di spiegare in parte la sua tendenza ad andare sempre incontro al pericolo, senza paura: se sai che guarisci in fretta è più facile buttarsi nella mischia! Inoltre permetterà agli autori, spesso esagerando, di lasciar intendere che Logan è molto più vecchio di quel che sembra: se hai un potere di guarigione sei sostanzialmente immune alle malattie e alla degenerazione del tuo corpo e quindi invecchi più lentamente. Negli anni successivi lo vedremo spesso alle prese con una bottiglia, ma impossibilitato a ubriacarsi grazie al suo potere! Ah, nemmeno l'abuso di tabacco gli crea problemi... Ma questi sono tutti sviluppi futuri, resi possibili grazie a questa capitale rivelazione di Claremont.[3]

Arrivederci John!
Il numero 143 di The Uncanny X-Men (la collana aveva cambiato ufficialmente denominazione un mese prima) fu l'ultimo disegnato da John Byrne che, accompagnato dal bravissimo inchiostratore Terry Austin, aveva contribuito non poco a far diventare la serie mutante il blockbuster della Casa delle Idee.[4]
Byrne è un autore molto discusso, ma è innegabile che fu uno degli artefici della rinascita del fumetto super-eroistico tra gli anni '70 e '80 anticipando l'invasione di nuovi talenti, molti inglesi, che rivoluzionarono il mondo dei fumetti con le loro opere. Tra i migliori talenti Marvel negli anni '70, Byrne segnò un'epoca col suo lavoro sui mutanti e dopo averli lasciati si dedicò, nella doppia veste di scrittore e di disegnatore, al rilancio, avvenuto con successo, dei Fantastici Quattro che da molti anni erano in balia di scrittori poco ispirati. Poi gli fu affidato dalla Distinta Concorrenza (il nomignolo dato da Stan Lee alla DC Comics) il difficile compito di dare una nuova veste e un nuovo slancio a Superman, il personaggio più pericoloso con cui avere a che fare per un autore. Fu di nuovo un successo che rese Byrne il più importante e famoso autore dell'epoca, tanto da essere riconosciuto anche fuori dal ristretto ambito fumettistico.
Per la Marvel non fu facile sostituirlo nella collana mutante. Diversi disegnatori si avvicendarono al suo posto con risultati grafici non così brillanti. Nonostante ciò e soprattutto grazie alla maestria di Chris Claremont che riuscì a scrivere storie sempre bellissime, gli X-Men non persero smalto, anzi furono condotti dal loro scrittore a nuovi successi, fino al cosiddetto filone "morte e distruzione", quando i toni delle storie si fecero sempre più cupi e tragici. Il successo della serie non diminuì e tutti gli anni '80 furono un periodo di magnifiche storie, tra le migliori dell'epoca.

L'ultima storia di Big John è una piccola gemma di umorismo e di sana avventura super-eroistica. Ne è protagonista assoluta Kitty Pryde, che ormai era diventata uno degli elementi cardine delle storyline di Claremont. Lasciata a casa dal professor Xavier e dagli altri X-Men, alla vigilia di Natale, la ragazzina si vede costretta ad affrontare da sola un pericoloso demone della schiatta dei N'Garai, mostriciattoli che ricordano quelli della saga di Alien e che saranno poi probabilmente l'ispirazione per i temibili "schifoidi" della Covata che tanto daranno da fare ai mutanti negli anni successivi. Sprite se la cava, ma la tenuta di Xavier che ospita la sua scuola ne esce mal ridotta. Ma ormai Kitty è una X-Woman a tutti gli effetti, come peraltro era stato certificato in una storia pubblicata nell'Annual del 1980, supplemento estivo della serie principale.[5]

Continua nella dodicesima parte.

Note
[1] Il numero 141 della collana X-Men (The Uncanny X-Men nel logo, data di copertina gennaio 1981)  fu pubblicato in Italia nei numeri 22 e 23 del mensile L'Uomo Ragno della Star Comics (marzo-aprile 1989).
[2] Il numero 142 della collana The Uncanny X-Men, il primo albo a adottare ufficialmente questo titolo dopo che per anni era stato usato in copertina (data di copertina febbraio 1981),  fu pubblicato in Italia nei numeri 23 e 24 del mensile L'Uomo Ragno della Star Comics (aprile-maggio 1989).
[3] I numeri 141 e 142 della collana X-Men furono ristampati in Italia nel volume Giorni di un futuro passato da Marvel Italia nel 1998 e in una nuova edizione nel 2014.
[4] Il numero 143 della collana The Uncanny X-Men  (data di copertina marzo 1981),  fu pubblicato in Italia nei numeri 26 e 27 del mensile L'Uomo Ragno della Star Comics (giugno-luglio 1989).
[5] X-Men King Size Annual n°4  (data di copertina 1980, pubblicato nell'agosto di quell'anno),  fu pubblicato in Italia nel numero 3 del trimestrale antologico Stor Magazine Oro della Star Comics (settembre 1992), dodici anni dopo l'originale.

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